La Svezia insegna, più vantaggi che fastidi dal chip sottocutaneo
La proposta del centro di lavoro Epicenter agli utenti di impantare un sistema RFId raccoglie adesioni
Un chip impiantato sotto pelle non è un argomento nuovo. Da tempo ormai, si sente parlare di opportunità, esperienze e prospettive di una pratica di fronte alla quale la maggior parte delle persone resta ancora perplessa. L’idea infatti, apre a scenari piuttosto inquietanti, eppure non manca chi è pronto a scommettere come un giorno non molto lontano possa diventare un’abitudine. D’altra parte, per i cani domestici è una prassi ormai da tempo. Una soluzione rivelasti utile in diverse circostanze, a partire dalla possibilità di ricondurre un animale perso al proprietario.
Anche sul fronte strettamente tecnologico, le questioni da affrontare non mancano. L’interesse mostrato già un paio di anni da un’azienda di primo piano come Kaspersky Lab, mostra quanto la sicurezza sia un aspetto tutt’altro che secondario. Solo una delle ragioni per cui finora raramente si è andato oltre sperimentazioni isolate.
Ora però, qualcosa sta iniziando a cambiare. A segnare il cambio di passo, Epicenter. La società svedese, più precisamente uno spazio di lavoro a Stoccolma, ha infatti proposto ai membri l’innesto di un chip sottocutaneo. La vera notizia è che una buona parte ha accettato la proposta. Non è stato indicato il numero preciso, visto però come gli spazi condivisi siano frequentati da un migliaio di persone, la cifra è comunque rilevante.
Secondo i diretti interessati, il chip RFId permette di muoversi molto più agevolmente nei quasi 8mila metri quadrati della struttura e relativi servizi. Dall’apertura delle porte eliminando il badge, all’utilizzo dei distributori automatici facendo a meno delle chiavette prepagate, fino all’utilizzo più sicuro delle stampanti, diversi sono i vantaggi apprezzati.
Per Epicenter, più della novità vera e propria, solo uno dei tanti strumenti adottati per rendere più confortevole la giornata dei proprio utenti. Proprio qui, emerge l’aspetto innovativo. Non si pensa più a soluzioni a volte folkloristiche destinate a pochi fanatici. Il passaggio determinante è uno strumento in grado di semplificare tante piccole operazioni quotidiane. In fin dei conti, a parte il legame fisicamente inscindibile, per tanti uno smartphone non è molto diverso.
Dal canto suo, l’azienda ha guadagnato in efficienza organizzativa. I controlli dei permessi all’ingresso principale sono molto più sicuri e richiedono meno pratiche da parte di persone dedicate. L’utilizzo degli spazi è in linea con i permessi. Così come l’accesso ai numerosi eventi organizzati all’interno della struttura.
In una nazione particolarmente gelosa della privacy, stupisce anche la disponibilità dei diretti interessati a estendere la portata del chip al tempo libero trascorso fuori dalla struttura (si parla di accesso a palestre o pagamenti presso gli esercizi pubblici), e perfino per accedere ai dati aziendali anche fuori orario. Una netta distinzione rispetto a legislazioni più rigide. La Francia per esempio, ammette anch’essa sperimentazioni, riconoscendo però il diritto di disattivare il processore fuori dall’ufficio.
Secondo un portavoce di Epicenter, si tratta di un primo importante passo, pronto a dare il via a una diffusione su larga scala, non solo nel Paese scandinavo. In alcuni casi, si prevede addirittura l’indicazione dettata da un medico a chi ha problemi di salute. Più verosimilmente, a tranquillizzare la larga fetta di persone perplesse, torna utile sapere comunque come i volontari del chip siano in realtà animati soprattutto da uno spirito di visionari della tecnologia, non privi di una buona dose di apparire precursori. Per la gente comune, con tutta probabilità ci sarà ancora molto tempo prima di diversi occupare della questione.