Fitbit-Google missione compiuta. Prospettive e timori sull’acqusizione

Fitbit-Google missione compiuta. Prospettive e timori sull’acqusizione






Conclusa l’operazione di acquisizione, tra rischi e prospettive la pioniera Fitbit diventa parte dell’universo Google

Con la chiusura ufficiale dell’acquisizione da parte di Google, finisce ufficialmente un capitolo importante nella storia Fitbit e del mondo smartwatch in generale. Non necessariamente però una brutta notizia. Se la questione verrà gestita in modo adeguato, se ne aprirà uno potenzialmente ancora più promettente.

Sia il potenziale di Fitbit sia quello di Google sono infatti ai massimi livelli nei rispetti ambiti di competenza. Metterli insieme significa poter giocare un ruolo guida nel settore, affrontare ad armi pari la sfida con i rivali più quotati, a partire da Apple, ma anche Samsung e l’arrembante Xiaomi.

D’altra parte, c’è il rischio concreto di perdere lo slancio innovativo e il carattere coinvolgente grazie al quale Fitbit si è affermata, ritrovandosi parte di un’organizzazione indefinitamente più grande, complessa e a volte rigida.

Nuove opportunità e nuovi pericoli

Se Fitbit potrà ora contare su nuove risorse per estendere la portata dei propri wearable, partendo presumibilmente da una indispensabile soluzione ai limiti di compatibilità con gli smartphone, è concreto il pericolo di vedere alcuni tra i pochi smartwatch e fitband  dotati di un carattere proprio finire nel più generico calderone del mondo WearOS di Google e diventare strumenti più anonimi.

A tutto questo, si aggiunge il grosso punto di domanda sulla reazione degli utenti di fronte alle decisioni di Google sui dati. Una parte importante dei consensi Fitbit è stata costruita proprio sull’alternativa indipendente ai grossi produttori, il cui obiettivo non secondario è raccogliere e gestire liberamente informazioni personali.

Fiducia da non tradire

Da questo punto di vista, il finale della storia è quanto di peggio tanti si potessero augurare. Se Google non saprà resistere alla tentazione di incorporare questo patrimonio informativo nei propri archivi, il pericolo di una perdita di consensi diventerà realtà.

Ancora di più, di fronte alla grande sfida dei wearable come dispositivi di supporto alla Salute e alla Medicina. Chiaramente, le competenze all’avanguardia Fitbit sono una risorsa importantissima. Al tempo stesso però, anche delicata da gestire e si presume sotto un controllo strettisimo delle autortà antitrust.

Per gli utenti tuttavia, ormai i giochi sono fatti. L’unica possibilità al momento è stare a guardare in attesa dei prossimi sviluppi e quindi decidere come comportarsi. Se continuare a credere nel marchio Fitbit sperando mantenga la necessaria autonomia a conservare la propria identità o se semplicemente diventerà uno dei tanti strumenti usati da Google per racchiudere l’utente all’interno del proprio ecosistema.

Per qui è disposto a manifestare ottimismo, un bell’aiuto arriva dalla lettera pubblica scritta da James Park uno dei storici fondatori di Fitbit.


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