In difesa della privacy, al riconoscimento facciale servono limiti
Il Consiglio d’Europa intenzionato a prevenire i rischi su privacy e sicurezza di un uso non regolamentato riconoscimento facciale
Come capita spesso di fronte all’arrivo di una nuova tecnologia, anche con il riconoscimento facciale praticità e curiosità mettono in secondo piano i rischi legati alla sicurezza e alla privacy. Almeno, fino a quando non si finisce per essere colpiti in prima persona da conseguenze negative.
Per contrastare il pericolo, questa volta il Consiglio d’Europa si è prontamente attivato per porre margini ben precisi allo strumento già integrato in tanti dispositivi mobili.
Prontamente è partita la richiesta di regole rigide. Arrivando addirittura a chiedere per alcune applicazioni di riconoscimento facciale di essere completamente vietate per evitare discriminazioni.
Più discrezione nel riconoscimento facciale
Organizzazione di difesa dei diritti umani alla quale aderiscono 47 Stati membri, il Consiglio d’Europa propone una nuova serie di linee guida rivolte ai Governi, ai legislatori e alle aziende, di vietare l’utilizzo del riconoscimento facciale volto esclusivamente a determinare il colore della pelle, la religione o altre fedi, il sesso, l’’origine razziale o etnica, l’età, lo stato di salute e lo status sociale di una persona.
Questo divieto dovrebbe essere applicato anche alle tecnologie definite nella circostanza come di riconoscimento dell’affetto, vale a dire quelle usate per individuare le emozioni, potenzialmente utilizzabili per rilevare i tratti della personalità, i sentimenti interiori, la salute mentale o il livello di impegno dei lavoratori. Una situazione dalla quale possono scaturire grandi rischi in ambiti quali il lavoro, l’accesso alle assicurazioni e l’istruzione.
«Nel migliore dei casi, il riconoscimento facciale può essere pratico e aiutarci a superare gli ostacoli della vita quotidiana – spiega in una nota Marija Pejčinović Burić, Segretaria generale del Consiglio d’Europa -. Nel peggiore dei casi, minaccia i nostri diritti umani essenziali, in particolare la privacy, l’uguaglianza di trattamento e la non discriminazione, dando alle autorità pubbliche e ad altri la possibilità di monitorare e controllare aspetti importanti della nostra vita, spesso a nostra insaputa o senza il nostro consenso».
I diritti valgono più dei dati
Muovendosi per tempo, emerge però la convinzione di come questo possa essere impedito. Le linee guida sono infatti state pensate per garantire la protezione della dignità personale, dei diritti umani e delle libertà fondamentali, tra cui la sicurezza dei dati personali.
Ad aumentare la solidità dell’iniziativa, la partecipazione di esperti dei 55 Stati contraenti della Convenzione e venti Stati osservatori, riuniti nel Comitato consultivo della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati a carattere personale.
Pubblicato il 29/1/2021