Dentro ai pacchi Amazon distrutti restano troppe domande
La scoperta delle centinaia di migliaia di pacchi Amazon resi o non consegnati e mandati al macero solleva molte perplessità
C’è anche una discreta quantità di Apple Watch e AirPods, diversi smartwatch e un numero imprecisato di prodotti wearable tra gli scatoloni Amazon destinati al macero senza avere una seconda possibilità.
Dopo quanto emerso dalle rivelazioni documentate di un dipendente presso una sede inglese di Amazon a ITV News, subito dopo lo stupore per lo spreco di risorse, viene da chiedersi la ragione di tutto questo. Inoltre, anche se e quanto il fenomeno sia occasionale e limitato oppure sia la regola anche in Italia.
Prodotti nuovi destinati alla discarica
In Gran Bretagna si parla infatti di una consuetudine. Secondo la denuncia, sono infatti migliaia i prodotti distrutti. Pacchi contenenti resi oppure mai consegnati. Per i quali non viene neppure presa in considerazione l’ipotesi di provare e rivenderli a prezzi inferiori, o anche solo donarli in beneficienza.
Un cinismo di fronte al quale è oggettivamente difficile restare del tutto stupiti. Le regole ferree e le decisioni drastiche di Amazon, e non solo, non sono una novità. Il conteggio del guadagno calcolato al centesimo ha dimostrato più volte di avere risvolti per certi versi aberranti. Importante sottolineare, tuttavia niente di illegale.
D’altra parte, le immagini ITV parlano abbastanza chiaro. Il numero dei pacchi con la dicitura Destroy è insospettatamente alto, così come la qualità dei prodotti. Tantissime scatole contenente elettronica, per buona parte come prevedibile marcata Apple, con un valore sul mercato intatto rispetto al prezzo ufficiale e soprattutto neppure aperti.
Pratica solo inglese?
Il documento è stato realizzato in un magazzino scozzese. Diverse testimonianze raccolte dalla testata confermano però l’abitudine piuttosto diffusa, almeno Oltremanica. Conoscendo la rigidità delle strategie concepite su scala globale, viene spontaneo chiedersi in quanti posti e da quanto tempo questa pessima abitudine sia la regola.
Solo in una settimana di aprile, nel magazzino di Dunfermline risultano mandati al macero qualcosa come 124mila scatole. Oltre la metà delle quali, neppure aperte. Una situazione neppure tanto eccezionale. Un dipendente afferma infatti che la media sia ancora più alta, intorno ai 130mila prodotti.
Secondo le indagini condotte dal giornalista Richard Pallot, le ragioni sono come facile prevedere puramente economiche. Riportare nei magazzini merce invenduta, catalogarla e tenerla sugli scaffali altro tempo, costa di più rispetto alla distruzione o a una seconda possibilità.
Interpellata, Amazon UK afferma di avere in seria considerazione il problema e di essere al lavoro per trovare una soluzione. Ufficialmente, la distruzione è l‘ultima risorsa dopo aver provato altre strade.
Come facile intuire, al di fuori del Regno Unito al momento regna il massimo riserbo sulle strategie locali di Amazon. Sicuramente, da oggi diventa molto più difficile credere all’immagine di azienda che vuole farsi passare come attenta alla sostenibilità.
Pubblicato il 1/7/2021