Andare al lavoro con lo smartwatch è tutta salute
Sempre più aziende e lavoratori interessati a sperimentare il benessere in ufficio
Sport e moda sono al momento le prospettive principali per il mondo wearable. Anche se all’apparenza meno reattivi, anche settori come il lavoro in genere e la Sanità promettono però altrettanto bene. Nel lungo termine, forse anche di più, almeno per quanto riguarda i potenziali ricavi.
L’interesse è quindi vivo più che mai, come dimostrato da una ricerca Office Genie, condotta su un campione inglese di mille lavoratori per testare il livello di adozione di apparati wearable. Poco più della metà (51%), risulta interessato all’adozione di tali strumenti.
L’attenzione della ricerca si è concentrata sui benefici legati all’applicazione in campo professionale delle funzioni già diffuse nello sport e nel tempo libero. Semplicemente adattando le app infatti, l’idea è analizzare i dati fisici per migliorare la qualità del lavoro, ridurre lo stress e prevenire gli incidenti.
Non a caso, il 42% delle aziende che ha già sperimentato questa soluzione insegue un maggiore controllo nello stress dei propri dipendenti. Poco più del 41% secondo cui invece i benefici sono da individuare in un maggiore benessere fisico in generale. Meno attenzione riscuote invece il potenziale aumento della produttività, inseguito dal 30%. Segnalati anche il migliore controllo dello stato emotivo (24%) e lo sfruttamento delle funzioni GPS per conoscere la posizione sul campo della forza lavoro in mobilità (20%) e garantire loro migliore supporto.
Una visione non molto diversa da quella dei diretti interessati, Per i lavoratori infatti, il 43% vede un miglioramento del benessere complessivo, mentre il 41% guarda maggiormente alla salute. 36% infine, pensa invece alla produttività. Le prospettive vanno da un aiuto a tenere la corretta postura, alla possibilità di sfruttare l’intelligenza artificiale per ottenere migliore assistenza nella fasi di lavoro.
Non manca però anche il rovescio della medaglia. Non sono infatti in pochi a valutare l’introduzione di apparati wearable come fonte di ulteriore stress (49%) e possibile sorgente addirittura di ansia (43%). Non è tuttavia la preoccupazione principale, legata invece al timore di ritrovarsi in una sorta di Grande Fratello, come lamenta il 67% degli intervistati. Il 58% delle aziende invece vede timori legati al rischio di trafugare dati riservati. Curioso inoltre rilevare come il 33% userebbe un dispositivo fornito in dotazione dall’azienda solo nel contesto lavorativo, mentre solo il 21% sarebbe interessato a sfruttarlo anche per uso personale.
Meno marcata del prevedibile la differenza a livello di età. Nella fascia 18-24 anni infatti, il 69% si dice pronta a sfruttare l’opportunità offerta dalla propria azienda, mentre si scende a 61% tra gli over 65.